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In questa pagina seguiremo l'avventura con tutti i
reportage che Maurizio ed Eris riusciranno a fare. Potete scrivergli
direttamente per un saluto di incoraggiamento
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Maurizio |
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ANCORA
INSIEME ! |
Eris
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Negli
ultimi 4 anni Maurizio ed Eris hanno condiviso grandissimi momenti e
sensazioni in gare di lunga distanza sia a piedi che in bici, ma le
vibrazioni che li hanno legato maggiormente sono state quelle che hanno
assaporato in Alaska dove hanno vissuto 3 gare-avventure veramente
speciali con la MTB in inverno tra ghiacci, neve, tundre, temperature
rigidissime e nel temibile vento fortissimo chiamato blizzard. Tutto
questo percorrendo i 1800 km della mitica Iditarod, la gara fatta con i
cani slitta, che hanno completato in 19 giorni e 6 ore.
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"Da molti anni il mio pensiero viaggiava in
Bolivia tra i suoi paesaggi, leggo i resoconti di viaggiatori, poi quest’anno
il caso vuole che in un tour da me organizzato in Marocco ci partecipano
anche 2 ragazzi, Paola e Davide che hanno conosciuto la Bolivia con la
bici. |
Scatta così la molla. |
Ho sempre viaggiato solo, ma è arrivato il
momento di condividere un progetto difficile e ambizioso, così coinvolgo
Eris: ci stà, è entusiasta." |
Nasce così: |
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"NATURAID
BOLIVIA 2003"
"dalle ANDE fino a 5900 m in MTB
alla GIUNGLA in PIROGA"
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Periodo:
La spedizione si svolgerà durante l'estate 2003, in quanto in
quel periodo le condizioni atmosferiche saranno le più favorevoli
per affrontare le valli desertiche, i salar e le piste oltre i 4000
metri fino ad arrivare a 5900 m, battuti da venti, piogge e nevi. Le
piste sono percorribili solo in tale periodo e la temperatura, alle
alte quote, non è troppo rigida e solo verso sera il termometro si
abbassa sotto lo zero fino a raggiungere anche i meno 15. A sfavore ci
saranno invece le precipitazioni piovose, che raggiungeranno la
massima intensità.Questi notevoli cambiamenti estremi richiedono
molta attenzione nell’aclimatamento e l’aridità, l’altitudine e
la disidratazione non sono assolutamente da sottovalutare per l’incolumità
personale.
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Durata:
In circa 25-30 giorni si dovrebbe
coprire tutto il percorso, che si aggira intorno ai 1500 km. Questo valore
è assolutamente indicativo, essendo molto difficile calcolarlo con
precisione: infatti in questa zona l’escursione termica è notevole (da
oltre i 35° a valori sotto lo zero), ci sono pure dei venti molto forti e
nevicate improvvise; fattori che possono rallentare o compromettere la
spedizione.
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Proposta e
descrizione del viaggio:
Pedaleremo su un percorso sterrato e
molto sconnesso ad una quota di oltre 4000 m fino a tentare di
raggiungere i 5900 m, il valico tra due coni gemelli del vulcano Uturuncu
di 6010m, che porta ad una miniera ed è il punto più alto carrozzabile
del mondo, superando di ben 300 m il Passo KARDUNG LA di 5602 m che ho già
percorso nel 2000 in India. Percorreremo valli che collegano villaggi, cercando di
vivere il più possibile assieme alla gente degli accampamenti,
condividendone le vicende quotidiane.
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Oltre l'altitudine, un altro problema
estremo saranno il cibo e specialmente l’acqua, che è scarsa e contaminata;
si rischiano quindi molte malattie, soprattutto infezioni intestinali.
Dovremo essere il più possibile autosufficienti perché durante il viaggio in alcune zone sarà molto difficile fare rifornimenti adeguati;
attraverseremo infatti villaggi remoti, piccoli insediamenti e oasi sparse,
che ben poco potranno offrirci in questa arida zona.
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Il viaggio partirà da S. Pedro De
Atacama (che ho già raggiunto nel 1998 al termine della mia spedizione
nel deserto di Atacama che ho attraversato in completa autosufficienza per
1300 km in 16 giorni) ; qui ci arriveremo con i mezzi locali e organizzeremo
tutto per la spedizione.
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La partenza è da
S. Pedro De Atacama, entreremo in territorio Boliviano nella regione delle
lagune, la più remota e più difficile della Bolivia per poi salire a
quota 5000 m alla Laguna Verde, lago dai riflessi verde e blu, la Laguna
Colorada, definita la nuova meraviglia del mondo, con le sue acque che
cambiano colore ogni ora, ospitando migliaia di fenicotteri rosa
circondati da decine di vulcani, e Laguna Celeste, il lago del paradiso.
Qui ci sarò acclimatati e tenteremo di raggiungere la miniera a 5900 m.
L’obiettivo è molto difficile: le condizioni meteorologiche dovranno
essere buone, così pure quelle fisiche che dovranno essere ai massimi
livelli.
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Poi continueremo
ad est seguendo una vecchia pista molto in quota (oltre i 4500 m) fino a
Tupiza, gemma incastonata in uno dei paesaggi più spettacolari e
suggestivi di tutta la Bolivia, circondata da rocce variopinte, montagne e
canaloni che ricordano il vecchio West.
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Continueremo fino
Colchani al limite del Salar de Uyuni (12000 kmq e 200 km di traversata).
Sarà una traversata molto difficile su una distesa di sale dai colori
incredibili che acceca e brucia tutto (il lago salato più alto del
pianeta).
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Ci aspetta poi la
difficile pista del Salar de Coipasa per raggiungere il remoto e isolato
villaggio Chipaia. Gli abitanti vivono in completo isolamento e autonomia,
si pensa che siano gli ultimi sopravissuti della civiltà tiahuanaco.
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Raggiungeremo La
Paz, con i suoi 3630 m sul livello del mare che ne fanno la capitale più
alta del mondo e cercheremo di raggiungere la parte più sconosciuta e
isolata dell’altipiano boliviano.
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Percorrendo 100
km della difficilissima pista della cordigliera Apolobamba arriveremo al
villaggio Pelechuco, un ambiente che ricorda la zona Himalayana a me molto
familiare.
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Poi dai 4000 m dell’altipiano scenderemo verso la
giungla percorrendo piste interrotte da numerosi guadi e raggiungendo
villaggi di popolazioni indigeni navigando i fiumi della giungla che
mettono in comunicazione questi villaggi in canoa con l’aiuto delle
guide indio.
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Eris e il
suo curriculum
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"Sono
Eris Zama, una
persona normalissima che ha avuto,
purtroppo o con piacere, (a questo
quesito non sono riuscito ancora a
dare una risposta), l’attrazione fatale
di amare le corse di lunga
distanza trovando in esse un
avversario in cui misurare le mie
capacità fisiche e soprattutto mentali
e cercare, così, dentro di me
il mio limite di sopportazione al
dolore, alla sofferenza ed alla
esasperazione fisica.
La
conseguenza di questa continua ricerca
è stata la crescita
di una grande forza interna
che, inevitabilmente, mi ha spinto ad
aumentare sempre di più la
fatica ed i km nelle
competizioni.
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Riassumere
in poche righe le
numerose esperienze che
ho vissuto sarebbe difficile, provo,
con un elenco sommario, a riassumere
quella che è la mia storia di
atleta di lunghe distanze.
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Sono
passato dalle Maratone ai 200 km
fino ad arrivare ai 500 km di
corsa.
Ho
preso parte a varie competizioni nei
grandi deserti; dall’Africa al Kenya,
Marocco, Lybia.
Una
volta conosciuto il caldo ho
partecipato alla famosa Batwater che
si svolge nella Valle della morte
in America, 220 km da percorrere
nella zona più calda dell’emisfero
con temperature che arrivano a +68°
e nell’asfalto anche a +80°.
In
seguito mi sono cimentato nelle
corse di montagna: 150/200 km
dell’Isola della Riunion e del Monte
Bianco.
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Il
mio carnet continua con la scoperta
del TRIATHLON , così, dopo aver
partecipato alle prime competizioni mi
sono qualificato all’IROMAN delle
Hawai, (uno dei primi italiani), poi
sono passato al doppio iroman a
Colmar (8/360/84 km) fino ad arrivare
al DECAIROMAN in Messico (40/1800/420
km) concluso in 10 giorni, 23
ore e 12 minuti.
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Dato
che nel Triathlon si
pedala per diversificare il
movimento ho iniziato anche a prendere
parte a corse di lunghe distanze
in bici.
Così
dopo aver partecipato al primo
Giro Italia in tappa unica, (1600
km in 84 ore), sono passato
alle classiche: Parigi/Brest/Parigi di 1200
km, Boston/Montreal/Boston di 1200 km
in 58 ore, il Giro di Sicilia
di 1000 km in 49 ore inserendo
anche gare di MTB.
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In
seguito ho pensato che dopo aver
conosciuto il grande caldo
dovevo provare anche l’esperienza
del grande freddo ed ecco che
ho inserito nelle mie esperienze
la gelida Alaska.
Nel 1999 ho partecipato all’ IDITA-EXTREME di 600 km ed
ultimamente alla IDITA-IMPOSSIBLE e alla
ALASKAULTRASPORT di 1800 km e penso di
non aver ancora finito" .
Eris
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Li
avevamo lasciati, ma nella mente ci erano rimasti i loro racconti e le loro
emozioni.....
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".......1
marzo 2002, sono le 5:45, stiamo spingendo la bicicletta sulla salita che
ci fa uscire dal fiume e ci immette nel villaggio di Nikolai. E’
ancora buio ma il paese ha il suo solito fascino, ormai a me
consueto.
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Uniche spettatrici le case
di legno basse, che fanno uscire il fumo dai piccoli camini delle caldaie
e le luci arancione che illuminano e si riflettono sulla neve della via
principale.
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Tutto è ovattato, nessun
rumore, solamente lo scricchiolio che fanno le ruote della bicicletta
sulla neve e il sibilo del nostro fiato che si stampa sul passamontagna
ghiacciato. Fa freddo.
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E’ la terza volta che ci arrivo,
ma mi piace, scopro ogni volta angoli diversi.
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Riconosco la scuola con il
piccolo parco e i giochi colorati, altalene e scivoli semicoperti dalla
neve.
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Sembra strano ma la vita è
anche qui in questo villaggio di 125 abitanti, indiani Athabascan.
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Unico cordone ombelicale con il
mondo esterno, internet, la scuola è il fulcro della
comunità è il riferimento principale per tutti, ed i
diversi computer mandano e-mail via satellite e insegnano
ai bambini le lezioni.
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Passiamo alla sinistra del
cimitero, ha l’aria molto spettrale e trasandata, con
tutte quelle croci in disordine che spuntano dalla neve,
superiamo anche la piccola pista d’atterraggio e ci
dirigiamo verso la casa di Nik, il capo del villaggio. Un
omone gigantesco, è così anche la sua generosità e
sensibilità. La sua mole ci dà protezione e sicurezza. E’
un amico.
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E’ sveglio e ci aspetta.
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Noi arriviamo lentamente, il sonno
a volte prende il sopravvento e ci fa barcollare: siamo
partiti ieri mattina alle 9 da Rhon, siamo in movimento da
ben 21 ore ma quasi non ce ne accorgiamo, siamo qui e l’abbiamo
voluto noi con tutta la nostra energia. Abbiamo un obiettivo
importante, anche per il nostro animo.
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Appoggiamo le bici alla casa e
prima di entrare ci scrolliamo la neve di dosso e battiamo
gli scarponi sul selciato. Appena apriamo la porta della
grande sala, una piacevole ventata di aria calda ci investe.
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L’interno è sempre lo stesso,
sembra ieri quando l’abbiamo lasciato, gran casino;
scarponi e vestiti pesanti ovunque ad asciugare e cibo sulla
tavola.
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Ho le ciglia ghiacciate e la vista
è un po’ offuscata, davanti a me il grande divano morbido
di pelle consumata. L’anno scorso ci avevo dormito qualche
ora.
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Sopra c’è un sacco a pelo che si
confonde con il suo colore nero. Dentro, qualcuno ci dorme.
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Lentamente si muove e si
sveglia per il gran casino che facciamo.
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Ho vissuto grandi momenti, di un’intensità
unica, in questa gara-avventura incominciata nel 1999, e
qualcuno già lo chiama mal d’Alaska.
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Di questo immenso paese si è
scritto tanto, tantissimo, dai cercatori d’oro agli
esploratori, dai pionieri agli scrittori dei giorni nostri,
ognuno ha riportato sensazioni, emozioni, gioie e
sofferenze, sentimenti, amore, ma credo sia molto difficile
spiegare e trasmettere quello che questo grande deserto
bianco e le sue genti ti danno, anche se il prezzo è
altissimo.
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Credo di essere cresciuto un po’,
ho assaporato la mia essenza di uomo senza vergognarsi dei
suoi pregi e di tutti i suoi difetti. Ho vissuto pienamente
la gioia e la felicità, perché ho conosciuto la paura, lo
sconforto e la tristezza. Sembra banale, ma ero felice
quando arrivavo in un villaggio o mi mettevo nella neve nel
sacco a pelo a dormire perché potevo riposare e recuperare.
Avevo grande gioia quando arrivavo al Post Office del paese
perché trovavo il mio cibo, quello che avevo spedito con i
piccoli aerei. Momenti che possono sembrare semplicissimi,
ma per me erano importantissimi e lo credo ancora adesso.
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E sembra incredibile, quando hai
consumato tutte le energie, quando stai male, ti senti uno
straccio e ti senti un sacco vuoto, come bastano poche ore e
sei pronto a ripartire, quasi non ci credi e ti rimetti in
gioco: stai realizzando un grande sogno......."
Maurizio Doro
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Un’amica mi ha scritto:
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“Per me i sogni sono gemme
preziose che nascondiamo in fondo ad una cassaforte chiamata
cuore di cui nessuno, tranne noi stessi, ha la combinazione.
E non importa quanto essi siano grandi, noi li coltiviamo
con lo stesso amore perché segnano la strada maestra della
nostra vita".
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"........è
finita, il
portale di
legno con
la scritta:
“ END OF
IDITAROD ” in
fondo alla
via centrale
di Nome
in Alaska
è oltrepassata e, dietro
a quello,
mi sono
lasciato tutti
i ricordi
e le
sofferenze di
questa gara.
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Ora sono a
casa, fra
le persone amiche,
ma il
ricordo che
mi assale
dell’avventura vissuta è
incredibilmente strano.
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Le notte sono
lunghe ed
insofferenti con
bruschi risvegli,
con l’ansia
di dovermi
alzare per
continuare la
corsa; poi
mi accorgo
di essere
a casa
e mi riaddormento con
grande perplessità.
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Durante le giornate,
anche se
è passata solo
una settimana
dalla conclusione
della corsa,
la gara
mi sembra
così lontana,
sono insofferente
a questo
lieve abbassamento
di temperatura
classico dell’arrivo
della primavera,
e mi
continua a
gironzolare in
testa una
domanda: ero
proprio io
quello che
ha vissuto 19 giorni
e 6.30
ore ad
una temperatura che
oscillava fra
- 10° / - 40°?
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Per esserne sicuro
vado sul
sito del
mio amico
di avventura, dove
quando potevamo,
scrivevamo le
nostre esperienze
e provavamo
anche a
descrivere le
emozioni che
stavamo vivendo.
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Così leggo il
primo racconto
della partenza
e poi divoro tutti
i brani
che seguono
come capitoli
di un
libro di avventura ma
forse quel
sito è
proprio un
piccolo libro
di avventure,
(che consiglio),
e, mentre leggo
queste righe,
le immagini
di quei
splendidi luoghi
e di quei momenti
così emozionanti
mi scorrono
negli occhi
come se
stessi guardando
un film.
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Ciò che è
incredibile è
il fatto che
non mi
sto sostituendo al
protagonista di una
pazza avventura
ma il
protagonista sono
proprio io!
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Sono io che
in MTB
ho partecipato alla
famosa corsa
“IDITAROD” che
consiste nel
percorrere 1800
km in
Alaska, da
ANCHORAGE a
NOME, tutto
in un solo fiato!
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Questa è considerata
la terza
gara più
dura al
mondo fatta
con i
cani da
slitta ed
io l’ ho conclusa
spingendo a
piedi la
mia MTB
per 300
km in mezzo
alla neve
e pedalando per
1500 km
spingendo sui
pedali con
fatica come
se fossi
sempre in
salita diventando
così io
e Maurizio
i primi
italiani ad
attraversare l’Alaska
in bicicletta
nella mitica
Iditarod!
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Quello che sto
leggendo mi
emoziona molto
perché so
che è
stato scritto
alla fine
di lunghe
giornate di
fatica e
di sofferenza,
sono racconti
scritti con
ancora il
sudore sulla
schiena ed
il ghiaccio
tra i
capelli…
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Non riesco ancora
a staccarmi
da quelle
immagini e
mi torna
alla mente
quando una
bufera di
neve e
vento ci
ha costretti,
nella notte,
a scavare
una buca
nella neve
per ripararci
dalle avversità del
tempo ed
al mattino
mi rivedo
girovagare nella
gola che
porta al
passo di
“Ranny Pass”
in cerca
della pista,
con la neve che
ci inghiottiva
come sabbie
mobili passo
dopo passo
non sapendo
dove andare
perché non
c’era più
alcuna traccia
di pista
da poter
seguire o
eventuali segnali
in questo
immenso imbuto
bianco; quella
volta abbiamo
impiegato 27
ore per
percorrere 29
km!
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Ma quello che
mi è
rimasto più
impresso nella
mente sono
i grandi silenzi
che riempivano
la vastità
dei paesaggi
e gli
indimenticabili tramonti
sul fiume
Yukon.
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Qualche amico mi
dice di
scrivere un
libro, forse
ha ragione;
tante sono
le cose
che provo
e che
vorrei dire,
esperienze e
sensazioni che
in un piccolo riassunto
non riesco
ad esprimere
e a concretizzare perché
tutto è
talmente grande
ed immaginabile,
la fatica,
la sofferenza,
la gente,
il freddo,
il sonno,
le albe,
i tramonti,
gli immensi
paesaggi, i
cani da slitta,
insomma l’Alaska!
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Credo proprio che
non riuscirò
mai a
descriverla così
come la
ricordo realmente
perciò rimarrà
tutto dentro
di me
come uno
scrigno di
pietre preziose
sotto al mare
che nessuno
riuscirà più
a trovare.
Per tutto
questo dico
solo grazie
Alaska!......."
Eris Zama
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